Destinazione Veneto

Il territorio guarda allo sviluppo dello studio associato.
I professionisti locali spingono su qualità e comunicazione. A Verona prove da “trainee” per gli studenti

Intervista a Lamberto Lambertini
Di Elena Bonanni

Gli studi stranieri hanno provato a sbarcare non senza qualche difficoltà. Una manciata di studi nazionali associati è riuscita a instaurare una presenza efficace. La gran parte dei grandi studi fa invece ancora il pendolare sul­la tratta Milano-Verona. Una cosa è infatti aprire una sede. Un’altra integrarsi veramente nel tessuto imprenditoriale. Che si rivela territorio complesso e con una cultura dello studio associato ancora da sviluppare. Se l’area è stata interessata dall’esplosione di alcune grandi imprese, un esempio su tutte è Luxottica, e di numerose aziende radicate sul ter­ritorio con fatturati tra i 10 e i 100 milioni di euro, non si sono però in parallelo sviluppate grandi realtà di consulenza legale. Alcuni avvocati han­no saputo certamente stringere legami consolida­ti con le grandi realtà del territorio: Sergio Erede con Luxottica, Carlo Pedersoli con Cariverona e Banca Cattolica del Veneto. Figure che nel mo­dello di sviluppo locale “fabbrica- chiesa-campa­nile” sono diventate, con i loro uomini in Cda, una sorta di referenti-confessori, di realtà imprenditoriali molto accentrate nella figura del presidente. Tuttavia, anche la recente specializzazione degli studi, legata spesso al fenomeno della delocalizza­zione, ha riguardato soprattutto la responsabilità civile. In pochi si sono focalizzati sul societario. Così ancora oggi gli studi sono in linea generale di dimensioni contenute, senza una vera e propria specializzazione interna, in particolare nel corpo­rate. E si continua a registrare l’abitudine da parte del mercato più qualificato ed esigente a uscire dai confini locali per andare a cercare consulenti a Mi­lano o Roma. C’è però un gruppo di studi associati che sta provando a colmare il divario tra piazza provin­ciale e piazza milanese: un tentativo di offrire lo stesso servizio delle grandi firm, seppur con nu­meri più limitati, con l’obiettivo di offrire qualità paragonabile con costi inferiori, come racconta a TopLegal Lamberto Lambertini, fondatore dello studio associato veronese Lambertini ( vedi l’in­tervista nella pagina a lato) e in passato anche presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Verona e segretario di Federavvocati.

INTERVISTA A LAMBERTO LAMBERTINI
“In Veneto qualità elevata ma poca politica”

Presente in alcuni Cda che contano, come quelli del­la famiglia Rotelli (attiva nelle case di cura), lo Studio Lambertini nasce circa 30 anni fa in risposta alla do­manda di compliance alle regole del diritto societario, da parte delle aziende di famiglia che stavano trasfor­mando il Veneto in un’area economicamente compe­titiva a livello mondiale. Conta 20 professionisti di cui quattro soci e una focalizzazione sul corporate, conflit­to societario, contrattualistica e mercato immobiliare.

Come si sta sviluppando la cultura dello studio le­gale in Veneto?
Le realtà associate sono poche e si mantengono su nu­meri contenuti. Nessuna insegna nata localmente è an­data oltre i 15-20 soggetti, tranne quelle legate a uno spe­cifico mondo bancario, come è successo a Treviso. La cultura dell’associazione è quindi ancora un pd arretrata ma la classe professionale veneta è in media ben prepa­rata. Sono due le principali tendenze in atto nel territorio che influiscono sulle strategie degli studi: da un lato si sta soffrendo una grave crisi finanziaria, con la scompar­sa di diverse attività, tra cui anche il conflitto societario che è ripreso solo recentemente. Oltre a questo impo­verimento generale, sta emergendo la consapevolezza dell’importanza della comunicazione: non serve essere solo capaci, bisogna che il mercato lo sappia.

Quali le specializzazioni del panorama locale?
Noi siamo focalizzati sull’attività corporate e sul mon­do delle aziende di famiglia. Ma in materia di corporate ci sono solo una manciata di realtà associate, siamo in pochi a giocarci la partita. Questo anche perché mol­ti commercialisti sono diventati i primi referenti delle società dopo la riforma fiscale, un cambiamento di normativa che la categoria degli avvocati nel nostro territorio non ha saputo cavalcare. Come noi ci sono altre realtà sparse sul territorio: a Verona Mercanti Dorio, a Treviso lo studio Laghi Tabacchi con un for­te legame con i Benetton; a Venezia De Poli; a Padova Gianni Origoni Grippo Cappelli, Ceccon e Le­galitax. Su altre practice ci sono invece diversi studi associati, come gli arnministrativisti e i farniliaristi, ma sempre con meno di 20 professionisti. Ci sono poi state una serie di fusioni non riuscite. Un esempio è proprio il nostro tentativo con Matteo De Poli interrotto dal de­fault delle banche venete: ci siamo trovati in potenziale conflitto di interessi e abbiamo ragionevolmente desi­stito. Più in generale questi cambiamenti hanno rotto lo storico sodalizio tra banca del territorio e aziende di famiglia. Un contraccolpo forte, che lascia un vuoto da colmare per chi avrà l’abilità di posizionarsi. In questo senso, un filone di sviluppo è quello delle quotazioni, in Veneto sono molte le realtà interessanti che potrebbe­ro intraprendere questa strada.

Qual è il panorama competitivo del mercato legale?
Il tentativo di entrare nell’area del Triveneto degli studi stranieri risale ai primi anni del 2CXXJ con palesi difficoltà. Si sono concentrati tutti a Padova, ma non sono riusciti a inserirsi completamente nel tessuto sociale e impren­ditoriale. Gli studi nazionali che hanno una presenza vera ed efficace in Veneto sono pochi, cito per esempio Gianni Origani e Macchi di Cellere Gangemi. Poi ci sono gli studi nazionali che non hanno sedi qui ma che vengono chiamati per tutte le operazioni di rilievo: da BonelliErede a Chiomenti, da Gatti Pavesi Bianchi a Tombari D’Angelo. Sicuramente è una tradizione del cliente più qualificato ed esigente uscire dai confini lo­cali. In risposta, gli studi associati del territorio, come il mio, sono un tentativo di offrire lo stesso servizio delle grandi firm nazionali e non, con un numero più ristretto di professionisti. In altri termini, t’obiettivo è offrire qua­lità paragonabile con oneri inferiori, rivolgendosi allo studio della porta accanto.

Quali le difficoltà per gli studi che arrivano da fuori?
Non sempre quando si paracadutano nel territorio in­dividuano con esattezza le persone in grado di gestire lo studio. Gli studi nazionali o internazionali che sono riusciti a inserirsi hanno fatto scelte accorte sulle figure a capo della sede locale. Se hanno sbagliato è perché non hanno individuato un soggetto spendibile localmente, e questo perché tendono ad applicare una logica unica standard, a prescindere dal territorio in cui si calano.

Quali le difficoltà per gli studi locali invece?
Questa tipologia di studi ha una sofferenza di base: la carenza di rapporti internazionali, politici e governativi di alto livello, che invece gli studi di maggiori dimensioni possono spendere. Con que­sti studi sulla qualità possiamo considerarci alla pari, finiamo però per soffrire di una mancanza di relazioni che sono invece un patrimonio impor­tante. Il risultato è che su 30 operazioni di M&a internazionali nel territorio realizzate tra il 2016 e il 2017, il nostro studio ne ha intercettate solo due, di cinesi in un caso e di indonesiani nell’altro, gra­zie ai nostri rapporti locali. E per questi rapporti otteniamo il mandato.

Come si sta declinando sul territorio un modello di studio evoluto?
L’insegna è partita nella forma attuale nel 2001, come studio Lambertini e Associati. Si è sempre occupato prevalentemente di conflitto societario e concorsua­le. La specializzazione è sempre stata coltivata. Oggi la professionalità di alcuni avvocati, guidati da De­bora Cremasco, ha coltivato altre specializzazioni, in particolare sul fronte M&a. Nel complesso, noi presidiamo quattro temi: il corporate con specializ­zazione nel conflitto societario (sede di Verona), la crisi di impresa (Vicenza), l’assistenza ad alcune so­cietà che operano all’estero (a Roma), e un’attività nel finanziario, come le cartolarizzazioni (a Milano). Il civile e contrattuale è organizzato dal professor Ste­fano Troiano e il contenzioso da Giovanni Aquara. Ci occupiamo quasi esclusivamente di operazioni non ordinarie. Puntiamo sul fatto che il cliente venga seguito nella sua pratica dal socio o dal senior, non si veda “abbandonato” a un giovane.

Come state sviluppando la cultura interna?
Lavoriamo come una squadra affiatata, il merca­to tende a premiarti quando percepisce che c’è un team e non solo un leader. Per questo di solito pre­feriamo crescere i giovani in house, anche se è più faticoso: in media di 50 che passano ne rimane uno. Il metodo fa riferimento al criterio anglosassone, per cui all’incontro con i clienti il praticante non parte­cipa, ma cresce nelle ricerche per gli atti interni, nei seminari periodici e nel rapporto con i soci. Fino a quando non diventa avvocato, momento da cui par­te il vero tirocinio, quattro-cinque anni, curiamo la sua crescita. Una volta giunto a questo punto, nor­malmente rimane da noi. Le nostre richieste sono semplici: buon carattere, eccellente padronanza della materia, eccellente conoscenza di almeno una lingua straniera, preferibilmente l’inglese. Il sistema di remunerazione è basato su garanzie mensili di reddito e su premi collettivi e individuali.

Come è strutturato il percorso verso la partnership?
Ricerchiamo uno stile comune, interno ed esterno all’associazione: determinati ma non aggressivi, autonomi rispetto a qualunque posizione esterna, preparati ed efficienti. Abbiamo da poco sciolto il rapporto con un giovane che avevamo associato tre anni fa: non c’era condivisione su di una visione co­mune sia dei rapporti tra professionisti sia con i col­laboratori. Abbiamo sempre avuto un’associazione aperta ma dopo quest’ultima esperienza ho matu­rato dei dubbi. Il mio sogno resta però uno studio di soli soci. Pochi avvocati, ma tutti soci, tutti con pari impegno e pari dignità.

Fonte: Top Legal Dicembre 2017 – Gennaio 2018