(Tribunale Verona, ordinanza 29 ottobre 2021)

Quando il calcio era più ingenuo, quando i commentatori erano (quasi) come l’inarrivabile Gioan Brera fu Carlo, esisteva il “fantasista”, il calciatore che risolveva le partite uscendo dagli schemi tradizionali, con una giocata del tutto imprevedibile e, a volte, risolutiva.

Mosse argute, memorabili, dettate spesso da una particolare attitudine fisica  o mentale.

Ricordiamo Garrincha (ala sinistra del Brasile mondiale), con la gamba sinistra di diversi centimetri più corta dell’altra, sulla quale impostava dribbling spiazzanti), George Best (ala sinistra del Manchester United), che andava in porta e faceva goal solo se e quando dribblava anche il portiere), Pascutti (ala sinistra del Bologna dello scudetto) la cui testa calva in area avversaria attirava il pallone.

Anche nella gestione delle liti endosocietarie è richiesta molta fantasia ed immaginazione, per consentire alla minoranza di ottenere un nuovo ordine societario e alla maggioranza di limitare i danni per la società.

Il processo civile infatti non offre soluzioni definitive, non risolve il conflitto, non prevede una sentenza  che divida la ragione dal torto, come può avvenire nella dichiarazione di nullità di un contratto, nel quale l’oggetto del processo è costituito dal negozio e dal rapporto giuridico-sostanziale che ne scaturisce.

Le esigenze del diritto societario non sono soddisfatte dai principi generali del processo civile, anche se da un decennio e più si è precostituito un giudice specializzato, chiamato ad offrire protezione in situazioni in cui è difficile individuare la posizione soggettiva da tutelare ed è generico l’oggetto del processo.

Il diritto societario regola vicende organizzative che operano in tempi molto ristretti e che richiedono interventi rapidi, per impedire che quelle vicende si consolidino e non possano più essere rimosse.

D’altra parte, gli atti ed i rapporti societari esigono stabilità, per consentire il buon governo delle imprese, insofferente ad ogni incertezza procedurale, che impedisca o rallenti la propria attività.

E’ il caso della sospensione delle delibere assembleari e della controversa natura conservativa o anticipatoria del provvedimento cautelare che ne dispone la sospensione.

Come sappiamo, il riconoscimento del carattere anticipatorio di questi provvedimenti determina la “cancellazione” degli effetti giuridici realizzati e da realizzare nella delibera impugnata.

E così, sia pure in via provvisoria, si anticipa l’effetto demolitorio della sentenza di annullamento. E questo è l’orientamento maggioritario della nostra giurisprudenza.

Per coloro invece che attribuiscono al provvedimento di sospensione la natura conservativa, ci si limita a cristallizzare la situazione esistente al momento in cui la pronuncia interviene. Il provvedimento si riduce quindi ad impedire che la delibera impugnata produca ulteriori effetti, fermi restando gli atti esecutivi già posti in essere.

E così, quando si impugna una delibera di aumento di capitale sociale, interamente attuato, possiamo avere un tribunale che dispone comunque la sospensione dell’aumento (Trib. Napoli, 18 gennaio 2019, in Foro it., 2019, I) e tribunali che non ritengono di concedere la sospensione, quando sia intervenuta la compiuta produzione degli effetti giuridici dell’atto impugnato e tali effetti siano orma irreversibili (Trib. Roma, 12 giugno 2019, Le società, 2020, 20 e segg.).

Come orientarsi? Evidentemente occorre immaginazione e capacità di gestire questa fase del conflitto tra soci come un episodio, non risolutivo, nel quale tener conto dell’orientamento del Tribunale competente e valutare, di volta in volta le conseguenze dell’iniziativa giuridica, nel quadro complessivo del conflitto. Analogamente dicasi per la strumentalità della revoca cautelare di un amministratore di Srl, provvedimento nel quale è difficile individuare quale sia il giudizio di merito. Per qualcuno è strumentale all’azione sociale di responsabilità (Trib. Roma, 20 febbraio 2019, in giurisprudenzadelleimprese.it). Altri invece ritengono che il provvedimento possa “essere strumentale e anticipatorio rispetto all’emanazione di una sentenza di revoca degli amministratori” (Trib. Milano, 26 ottobre 2018 in Le società, 2018, 1171; Trib. Trento, 27 giugno 2018 in Dejure).

Si osserva che il petitum dell’azione cautelare di revoca è strutturalmente diverso rispetto a quello dell’azione sociale di responsabilità, rispetto alla quale il diritto al risarcimento del danno deve essere tutelato attraverso lo strumento tipico del sequestro conservativo (Trib. Milano, 29 giugno 2017, in giurisprudenzadelleimprese.it).

L’adesione ad uno dei due orientamenti ha conseguenze molto rilevanti. Se si ritiene che lo stesso sia strumentale, rispetto all’azione sociale di responsabilità, occorre dimostrare la verosimile fondatezza dell’azione risarcitoria.

Occorre dimostrare perciò che siano state integrate “gravi irregolarità nella gestione della società, comportanti un danno attuale potenzialmente suscettibile di aggravamento con la permanenza in carica dell’amministratore”. (Trib. Roma, 31 maggio 2018, in Dejure).

Secondo l’orientamento opposto, il fatto che non siano ancora stati prodotti danni gravi al patrimonio sociale costituisce uno degli argomenti utilizzati per sostenere la strumentalità della revoca dell’amministratore (Trib. Firenze, 1 luglio 2019, in Dejure).

Anche qui, evidentemente, il socio dovrà orientarsi e promuovere l’azione nel momento più opportuno.

In tutti i casi citati, il ricorso alla fantasia è necessario, perché la decisione che ci si attende dal Tribunale competente di solito non basta a risolvere il conflitto e a comporlo in senso favorevole al socio dissenziente.

Anche la revoca dell’amministratore infatti, pur costituendo, se ottenuta, una mossa importante, può essere superata agevolmente dalla maggioranza con la nomina di un altro amministratore di sua fiducia (il 2474 c.c. non funziona come il 2409 c.c.).

In ogni caso, la fantasia tattica e strategica deve trovare un solido aggancio nella realtà. Non si può inventare un comportamento colpevole dell’amministratore, senza provarlo e senza dimostrare gli effetti negativi per la società di una asserita gestione irregolare.

Altrimenti si va incontro ad un provvedimento come quello che il Tribunale di Verona ha appena emesso.

Infatti con ordinanza del 29 ottobre 2021 (Tommasi di Vignano) il tribunale scaligero ha sospeso la delibera di esclusione dall’amministrazione e dallo status di socio di un accomandatario di Snc per la mancanza di fumus boni juris, così motivando: “i) la delibera di esclusione sul documento 3) attoreo è talmente generica nell’indicazione degli addebiti che sorreggono la decisione di esclusione da impedire in radice l’individuazione delle condotte contestate; ii) l’assoluta mancanza nella delibera de qua di riferimenti specifici a fatti storici, date o circostanze concrete impedisce all’istante di esercitare compiutamente il diritto di difesa rispetto alle condotte concrete che dovrebbero integrare la fattispecie astratta prospettata nella delibera impugnata…”.

E non basta.

“Preso atto, quanto al pericolum in mora, che la sospensione della delibera assembleare di esclusione del socio, disposta in via cautelare, ha natura conservativa, mirando ad evitare – attraverso un ripristino provvisorio del rapporto societario che impedisca che i diritti dei soci vengano ad essere definitivamente compromessi, non percependo eventuali utili, né potendo influire, ove si tratti di società di persone sulla sua amministrazione e gestione – che la durata del processo possa incidere irreversibilmente sulla posizione del socio stesso (cfr. Cass. 10986 dell’11 febbraio 2021)”.

Quando dicevamo che occorre fantasia, intendevano riferirci ad iniziative originali, basate su un’approfondita conoscenza del diritto da parte di chi opera in questo particolare settore, facendo un uso “strumentale” del processo, ma applicato comunque in modo da non esporsi ad un drastico rigetto.

Se i soci che hanno proposto l’azione di revoca dell’amministratore della società su cui è intervenuto il Tribunale di Verona si proponevano di risolvere così il caso, si sono evidentemente sbagliati.

Sia che si proponessero un provvedimento che definisse la controversia con l’esclusione del socio, sia che si proponessero di defatigare l’avversario: il provvedimento interinale del Tribunale di Verona elimina in radice entrambe le ipotesi.

Qui non serviva fantasia, ma competenza.

Ed il provvedimento citato rafforza proprio l’amministratore-socio che si voleva cacciare!

E qui siamo alla fantasia dell’autogoal, che il dizionario definisce “involontario invio della palla dentro la propria porta”.