I compiti funzionalmente delegati al Presidente del C.d.A. dalla normativa vigente e dallo statuto inquadrano il senso di una attività di stimolo e raccordo del corretto operato del Consiglio di amministrazione che lo stesso presiede.
Il Presidente, infatti, coordina i lavori del Consiglio di Amministrazione, che viene da lui convocato.
La sede del Consiglio è quella indicata in statuto.
Solo in caso di forza maggiore o urgente necessità di deliberare, il Presidente può convocare l’organo amministrativo anche in un luogo diverso.
Il Consiglio deve essere convocato almeno una volta all’anno, per discutere e redigere il progetto di bilancio da sottoporre all’assemblea e, quando vi siano consiglieri delegati, almeno ogni sei mesi o ancora più frequentemente se ciò è stabilito dallo statuto, affinchè i consiglieri delegati informino l’intero consiglio sulla loro attività e sul mantenimento di un’efficiente organizzazione dell’attività loro delegata.

Il Presidente deve verificare la regolare costituzione del Consiglio, deve dirigere la discussione, deve proclamare i risultati della votazione e deve contribuire alla redazione del verbale delle riunioni del Consiglio in collaborazione con un segretario, quando questo sia nominato.
Il Presidente deve garantire il diritto di ogni consigliere ad esprimere il proprio parere sulle materie all’ordine del giorno, in una discussione libera e ordinata, con piena parità di trattamento tra tutti i consiglieri.

Per quanto riguarda la verbalizzazione dei lavori consigliari, si ritiene che la stessa non costituisca un requisito di validità per le deliberazioni del Consiglio, ma abbia una funzione meramente certificativa di quanto deliberato.
In effetti, a differenza di quanto avviene per le assemblee e le riunioni del Collegio sindacale, del Consiglio di sorveglianza e del Comitato per il controllo sulla gestione, l’obbligo di verbalizzazione delle riunioni del Consiglio non è sancito esplicitamente dalla legge, ad eccezione delle delibere in materia di emissione di obbligazioni e di aumento di capitale, quando adottato dal Consiglio di Amministrazione (artt. 2410 e 2443 c.c.) adotti deliberazioni per le quali si richiede espressamente la verbalizzazione redatta da un notaio.
Il Consiglio di Amministrazione può delegare proprie funzioni al Presidente, ma è opportuno che ciò avvenga con deliberazione espressa e verbalizzata.

Ciò detto, occorre verificare se e quando il comportamento del Presidente integri casi di responsabilità.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 4560/2013 ha ritenuto integrata la responsabilità del Presidente del C.d.A. di una società fallita, per aver omesso le iniziative doverose in relazione alla situazione di perdita del capitale in cui versava la società, non ritenendo sufficiente a sanare questa esposizione l’atto gestorio consistito nell’affitto di un ramo d’azienda pur avendo lo stesso diminuito l’esposizione bancaria.
Si ricorda anche la decisione della Corte di Appello di Milano, 23 gennaio 2007, nella quale il Presidente del Consiglio di Amministrazione veniva ritenuto responsabile “per aver direttamente e personalmente dato corso ad una gestione dissennata e non conforme al principio di ordinaria diligenza”. Nel caso specifico il Presidente del C.d.A. aveva erogato somme rilevanti a due distinte società per svolgere attività di consulenza. Rilevava la Corte di Appello che l’enormità delle somme pagate alle per svolgere attività di consulenza erano in contraddizione con il fatto che la società disponeva di propri uffici ed il personale era certamente competente sul piano ragionieristico-contabile-finanziario. Le professionalità interne infatti avrebbero consentito di svolgere senza spese e senza particolari difficoltà una ricerca di mercato per individuare l’ente finanziatore disponibile ad erogare un mutuo quanto più conveniente possibile.
Nel caso specifico, la responsabilità del Presidente ha trascinato con sé quella degli altri amministratori, i quali neppure si erano dati cura di leggere i verbali precedenti alla loro nomina e, così, non avevano preso visione del materiale dal quale avrebbero potuto ricavarne le informazioni necessarie per attivarsi per ottenere ulteriori informazioni, così operando un controllo sulle decisioni del Presidente.
La responsabilità solidale degli amministratori con quella del Presidente è una conseguenza condivisibile della negligenza di entrambe le figure.
Deve poi essere ricordata la sentenza del Tribunale di Genova, Sez. I, 15 novembre 2013, in Repertorio: “La condotta tenuta dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della società, consistente nell’indebito prelievo di somme di pertinenza della compagine societaria, in assenza di delibera assembleare e, pertanto, senza alcun titolo giustificativo, nonché del rifiuto di restituire dette somme, asseritamente ad esso spettanti a titolo di compenso aggiuntivo, costituisce comportamento inadempiente agli obblighi incombenti in capo all’organo gestorio, con particolare riguardo al dovere, di ordine generale, di agire nel rispetto della conservazione del patrimonio sociale e con la dovuta diligenza”.
“La violazione dei doveri di correttezza nei termini di cui innanzi comporta, da un lato, l’obbligo dell’amministratore di risarcire il danno determinato alla società, nonché, dall’altro, la piena legittimità della revoca del suo incarico deliberata in sede assembleare, pur in mancanza di preavviso, non potendosi ritenere violata la norma di cui all’art. 2383 c.c. Gli indebiti prelievi dai conto sociali, invero, sono certamente idonei ad incidere negativamente sul rapporto fiduciario.”
La Cass. Civ. sez. I, 14 maggio 2012, n. 7425, in Le società, 2013, 386 e segg. ha decretato: “La revoca dalla carica di Presidente del C.d.A. per giusta causa è stata assunta dai soci, nel caso in esame dalla Cassazione, perché il Presidente si era reso inadempiente al proprio dovere di vigilanza, così pregiudicando l’integrità del rapporto di fiducia tra esso e la società.”

Il caso era riferito ad un grave disordine gestionale e a reiterate violazioni di legge attribuibili agli amministratori. Il Presidente, ritenendo che tali fatti fossero attribuibili al Consiglio precedente e al Direttore Generale e non imputabili a sé stesso e al nuovo Consiglio aveva omesso la comunicazione ai soci così violando l’obbligo di vigilanza sulla gestione sociale.
Questi pochi esempi delle patologie riscontrate nella gestione del ruolo ai Presidenti del C.d.A., sembrano sufficienti a catalogare le decisioni giudiziarie riferite al ruolo di Presidente/amministratore della società.
L’aver omesso le iniziative necessarie a tutelare la società in caso di perdita di capitale sociale, l’aver sperperato denaro della società per una inutile attività di consulenza, essersi prelevato denari senza alcuna autorizzazione, aver infine ingannato i soci sul grave disordine gestionale sono fattispecie abbastanza rappresentative di una mala gestio contraria ai doveri di un amministratore di società di capitali. Ma altre situazioni, più sottili e indefinite, comunque possono mettere in pericolo la corretta funzione presidenziale.