A) Premessa
Il fenomeno dei gruppi di società, come sappiamo, è il frutto dell’inventiva imprenditoriale ed ha trovato un suo riconoscimento nel sistema di common law nella legge del New Jersey del 1896, che per prima, ammise la possibilità per una corporation di acquisire azioni in un’altra società, in precedenza esclusa.In un sistema di civil law invece la partecipazione in altre società, fino al conseguimento del controllo, si sono liberamente sviluppate senza alcuna normativa.
Peraltro nel Regio Decreto 13 novembre 1931, n. 1434 (che anticipava l’art. 2361) del c.c.) si ammetteva che una società potesse detenere partecipazioni in altre società aventi il medesimo oggetto, senza modificare il proprio oggetto sociale.
La previsione generica però non conteneva disposizioni specifiche, limiti, divieti.
Solo con la riforma societaria del 2003 la nostra legislazione ha regolamentato questo fenomeno, peraltro sempre più diffuso, senza però descrivere il concetto di gruppo di società “volendo con ciò sottolineare che il gruppo non è una realtà creata dal diritto, ma invece una realtà da esso trovata e della quale prendere in considerazione quegli specifici aspetti, in primo luogo la direzione e coordinamento di una società o di un ente su altre società” (Galgano-Sbisà).
Sta di fatto che il fenomeno nasce nella pratica degli affari allo scopo di  diversificare i rischi d’impresa, separare cioè i rischi connessi a ciascun settore e a ciascun mercato: ogni società del gruppo è, di fronte ai terzi, un soggetto di diritto distinto da ogni altra società del medesimo gruppo, ciascuna responsabile dei debiti tra essi assunti e non responsabile dei debiti assunti dalle altre società.
La società holding deve conseguentemente considerarsi terza rispetto ai rapporti giuridici che le società controllate abbiano posto in essere. I creditori delle società controllate non avrebbero quindi titolo per invocare la responsabilità patrimoniale della capogruppo.
Per il vero, nella conduzione quotidiana una società controllata si trova spesso a soffrire le scelte della controllante.
Lo stesso fenomeno di cash pooling, cioè di concentrazione della cassa è fonte di possibili sperequazioni e, di fronte alla crisi del gruppo, determina spesso la perdita di consistenti somme di proprietà della controllata stessa.
Occorre però ricordare che il rapporto tra capogruppo e società controllate è diversificato e rappresentato a volte dall’assistenza tecnica, ma soprattutto dall’assistenza finanziaria, che si concreta spesso nel rilascio da parte della holding di fideiussioni o di lettere di patronage, per procurare il credito bancario alle società del gruppo e questo vanifica il tentativo di separare le responsabilità patrimoniali.
L’assistenza finanziaria è particolarmente evidente nei cosiddetti conglomerati e cioè in quelle realtà in cui viene esercitata un’eterogenea pluralità di attività, merceologicamente diverse tra loro, con una diversificazione di attività industriali e commerciali, tutte complementari tra loro, ma distinte, per poter meglio affrontare le diverse situazioni di mercato, in esse comprese anche le crisi dei diversi settori.
Come detto, nella pratica commerciale si riscontrano frequentemente abusi ed irregolarità, privilegiando la capogruppo e danneggiando una o più controllate.
La riforma societaria dal 2003 quindi ha cercato di regolare il controllo, che si presume preordinato alla gestione di un’attività di direzione e coordinamento di società. Si tratta peraltro di una presunzione relativa, che ammette la prova contraria (art. 2497 sexies), ossia la prova che la società controllante sia una holding solo finanziaria.
Ma, nel caso in cui l’attività di direzione e coordinamento violi i principi di corretta gestione imprenditoriale, si determina una responsabilità diretta per il pregiudizio arrecato ai soci delle controllate e ai terzi creditori. Costoro peraltro dovranno dapprima agire nei confronti della società controllata e se non soddisfatti, possono agire contro la controllante.
Salvo il caso in cui il risultato complessivo dell’attività di direzione sia positivo e le società controllate siano state diversamente compensate per il danno ricevuto.
Ricercando le responsabilità da etero direzione si è anche ipotizzato che al vertice del gruppo stia una persona fisica, ipotesi questa già prevista nel progetto di riforma della società, ma poi abbandonata nella redazione definitiva.
B) I flussi informativi nella crisi di gruppo. La normativa europea
La normativa europea oggi vigente (parte terza della Legislative Guide) dell’UNCITRAL sulla disciplina del gruppo insolvente) coglie l’esigenza di attuare una soluzione della crisi adeguata al gruppo quale realtà unitaria sotto il profilo imprenditoriale e conseguentemente di attivare i flussi informativi a ciò necessari.
Si prevede dunque la presentazione di una domanda unitaria, accompagnata da informazioni attinenti all’esistenza del gruppo e alla relazioni intercorrenti tra i suoi membri di maggiore importanza.
Nel caso in cui siano coinvolti diversi organi e diverse competenze di organi giudiziari, si consiglia di facilitare l’acquisizione dei dati:

  • sulle operazioni finanziarie e commerciali dell’impresa complessivamente considerata;
  • sull’andamento dell’attività delle singole entità;
  • sulla valutazione degli assets e l’individuazione dei creditori e degli altri interessati.

Nel caso di gruppi transfrontalieri il singolo giudice può indirizzare l’andamento del tentativo di soluzione della crisi per il quale è competente, coordinandolo con quelli esteri ed evitando l’adozione di decisioni in contrasto con il comune obiettivo della massimizzazione del valore dell’attivo complessivo di gruppo.
L’unica limitazione è rappresentata dalle notizie commercialmente sensibili o confidenziali.
Anche il nuovo regolamento UE sull’insolvenza transfrontaliera prescrive uno scambio di informazione tra gli amministratori preposti alle procedure, riguardanti diverse entità del gruppo, così come tra i tribunali competenti.
La circolazione delle informazioni è particolarmente rilevante per l’attestazione di fattibilità della soluzione della crisi del gruppo nell’ordinamento italiano e ciò allo scopo di soddisfare le esigenze di preservare la dimensione imprenditoriale unitaria del gruppo stesso, anche nella fase della crisi.
L’attestazione quindi deve contenere una valutazione riferita all’intero piano concordatario, che coinvolga più società, sia nel caso che sia finalizzata alla ristrutturazione finanziaria, sia se è finalizzata alla liquidazione congiunta delle attività.
“Se, infatti, l’attestazione dell’esperto omettesse un’accurata indagine sulla sussistenza e sugli effetti, attuali, pregressi e prevedibili, della direzione e con ordinamento, non evidenziando gli eventuali “vantaggi compensativi” la certificazione di “veridicità di dati aziendali” e di “fattibilità del piano” concordatario risulterebbe evidentemente fuorviante”.
Ciò pone il delicato problema di accesso del professionista alle informazioni relative alle società del gruppo, diverse da quelle che gli hanno conferito incarico, necessarie per la valutazione di fattibilità del piano.
C) L’attuale giurisprudenza in tema concordato preventivo di gruppo
Una recente sentenza Cassazione (31 luglio 2017 n. 19014) ha escluso che nel caso sottoposto al suo esame si trattasse di un gruppo di imprese e che dunque si potesse applicare un concordato preventivo di gruppo, con questa definizione: “Si può propriamente discorrere di gruppi in quelle sole dinamiche in cui una società capogruppo esercita la propria attività di impresa dirigendo e coordinando le altre.
Ne consegue che il concordato di gruppo non può ammettersi nel caso di crisi gestita da parte di singole società mediante forme di aggregazione diverse dal gruppo societario propriamente inteso, limitate a meri conferimenti di beni e all’accollo di debiti tra le dette società”.
Nella motivazione peraltro si prevedeva che, se si fosse trattato di un gruppo, sarebbe stata auspicabile una gestione unitaria della crisi, sia pure tenendo distinte le masse patrimoniali delle singole società, evitando la commistione di masse attive e passive.
Dunque, la Corte consiglia un allineamento alla normativa europea, il che, come vedremo, potrebbe rendere inutile la nuova normativa.
D) La proposta unitaria di risoluzione della crisi dei gruppi societari nella riforma del diritto concorsuale
Lo scorso 11 ottobre il Parlamento ha definitivamente approvato il disegno di legge recante la “Delega al governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”, pubblicato in G.U. n. 254 del 30 ottobre 2017.
Tra gli aspetti più rilevanti rientra la particolare attenzione riservata al profilo dei gruppi societari, sfociata nella formulazione dell’art. 3 della legge delega, rubricato “Gruppi di imprese”.
Entrando nel merito dell’innovazione normativa in oggetto, è da rilevare, in primo luogo, che l’art. 3 della legge delega può essere suddiviso in due distinte sezioni: una prima sezione avente ad oggetto il concetto stesso di gruppo di imprese, e una seconda in cui è racchiusa la disciplina applicabile a tale fattispecie, nel contesto della rinnovata procedura di concordato preventivo e della liquidazione giudiziale.
L’art. 3, comma 1, della legge delega demanda al Governo l’individuazione di una “definizione di gruppo di imprese” che tenga in considerazione la nozione di direzione e coordinamento di cui agli artt. 2497 e ss. e 2545 septies c.c.; l’assoggettamento alla direzione e coordinamento sarà peraltro presunto ove sussista una delle declinazioni di “rapporto di controllo” previste dall’art. 2359 c.c,
Una volta accertata la sussistenza del rapporto di gruppo, l’impresa sarà, da un lato, gravata di nuovi oneri e, dall’altro, beneficerà di talune facoltà.
Sotto il primo profilo, la legge delega prevede che siano individuati specifici obblighi dichiarativi per le imprese appartenenti a un gruppo societario, e che le stesse debbano depositare un bilancio consolidato di gruppo in cui sia data puntuale informativa in merito ai legami di gruppo esistenti.
Dall’altro lato, le imprese del gruppo sottoposte alla giurisdizione italiana avranno la possibilità di presentare con unico ricorso, domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione di gruppo, domanda di ammissione al concordato preventivo di gruppo o domanda di liquidazione giudiziale di gruppo, ferma restando l’autonomia delle rispettive masse attive e passive.
A fronte della possibilità di una procedura di gruppo, la legge delega prevede un meccanismo correttivo volto a sterilizzare il peso di eventuali crediti infragruppo: in particolare, il decreto delegato dovrà stabilire “il principio della postergazione del rimborso dei crediti di società o di imprese appartenenti allo stesso gruppo, in presenza dei presupposti di cui all’articolo 2467 del codice civile”. Tale postergazione tuttavia potrà risentire di deroghe dirette a favorire finanziamenti erogati “in funzione” o “in esecuzione” della procedura, in un’ottica di trasversale favore verso le soluzioni concordate alle crisi di impresa e di incentivo al salvataggio.
Con riferimento alla procedura di concordato preventivo “di gruppo”, l’art. 3, comma 2 del testo di legge delega il Governo affinché, con il decreto delegato, preveda e disciplini:
1 “la nomina di un unico giudice delegato e di un unico commissario giudiziale e il deposito di un unico fondo per le spese di giustizia”

2 “la contemporanea e separata votazione dei creditori di ciascuna impresa”

3 “gli effetti dell’eventuale annullamento o risoluzione della proposta unitaria omologata”

4 “l’esclusione dal voto delle imprese del gruppo che siano titolari di crediti nei confronti delle altre imprese assoggettate alla procedura”

5 “gli effetti dell’eventuale annullamento o risoluzione della proposta unitaria omologata”

6 “i criteri per_ la formulazione del piano unitario di risoluzione della crisi del gruppo, eventualmente attraverso operazioni contrattuali e riorganizzative intragruppo funzionali alla continuità aziendale e al migliore soddisfacimento dei creditori, fatta salva la tutela in sede concorsuale per i soci e per i creditori delle singole imprese nonché per ogni altro controinteressato”
L’impianto della riforma riafferma l’autonomia patrimoniale delle singole imprese e quindi ripropone i problemi già posti nel dibattito odierno sul mantenimento e sulla conservazione degli assests aziendali in modo da ottenere il miglior realizzo dell’attivo, conseguente proprio ad un’autonomia di gestione, connessa all’unificazione di patrimoni appartenenti alle singole società.
Dobbiamo ricordare poi che, nel caso di continuità aziendale si prevede una “formazione del piano unitario di risoluzione della crisi del gruppo” nella prospettiva di una risoluzione della crisi nell’interesse dei creditori, con salvaguardia della tutela concorsuale dei soci.
Il legislatore sembra aver scelto una strada timida e sostanzialmente conservativa nel regolare il fenomeno (così Fabiani). Secondo l’autore, solo il superamento dell’autonomia organizzativa delle singole società potrebbe modificare il sistema attuale e forse potrebbe costituire un deterrente per alcune prassi distorte del modello delle imprese di gruppo.
E) Conclusioni
Il problema del gruppo insolvente impone il consolidamento dei patrimoni afferenti le diverse società e la stessa gestione unitaria della crisi.
L’impianto della riforma non supera questi problemi, riafferma l’autonomia patrimoniale delle singole imprese e traccia un sistema che deve considerarsi già applicabile sulla base della normativa europea
Solo nel caso di continuità aziendale la “formazione del piano unitario di risoluzione della crisi del gruppo” nell’interesse dei creditori, con la salvaguardia della tutela concorsuale dei soci sembra una soluzione adeguata ai problemi che il gruppo determinava.
Anche l’insuccesso della soluzione concordataria della crisi del gruppo imporrebbe l’ammissibilità di una sistemazione complessiva del gruppo e non delle singole unità dello stesso, introducendo criteri più rigorosi in tema di ammissione della proposta di omologazione, in presenza di opposizione dei creditori.
Ma la normativa della riforma va in un altro senso e di questo dobbiamo prenderne atto noi, oltre che il legislatore delegato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

Cass. civ. sez. I, 31 luglio 2017, n. 19014 in Le società, 12, 2017, 1386 e segg. con commento di G. Fauceglia
Galgano-Sbisà, Direzione e coordinamento di società, Zanichelli, II edizione, 2014

  1. Benedetti, I flussi informativi nella crisi del gruppo, in Giur. Comm., 2017, 1, 271 e segg.

Abbadessa, La circolazione dell’informazione all’interno del gruppo, in I gruppi di società, Atti del convegno internazionale di studi, Venezia, novembre 1995, I, Giuffrè, 1996, 573 e segg.
Abriani-Panzani, Crisi di insolvenza nei gruppi di società, in Crisi di impresa e procedure concorsuali, II, a cura di Cagnasso e Panzani, Utet, 2016, 2992 e segg.
Fabiani, Di un ordinario ma timido disegno di legge-delega sulla crisi di impresa, Il fallimento, 2016, 268