Proviamo a pensare dove sarà la professione legale in un futuro non lontano.
Credo sia un esercizio utile, considerando che negli ultimi dieci anni l’attività e la
remunerazione per tutti gli studi legali sono diminuite sensibilmente e solo chi, con una
riorganizzazione radicale, troverà un modo diverso di comunicare e di esercitare la
professione, potrà sopravvivere.
E questo vale ugualmente per gli studi di grandi dimensioni e per le botteghe artigiane di
qualità come quelle che si incontrano nel Veneto.
Sicuramente la tecnologia cambierà una parte molto importante del lavoro dell’avvocato: i
servizi legali online sono già molto efficienti e rispondono già a molteplici esigenze di
consulenza generale, di redazione di diversi contratti, di individuazione di linee guida su
problemi non solo semplici.
La risoluzione online delle controversie, sulla base degli esperimenti di giustizia predittiva
è abbastanza avanzata e sostituirà una buona parte delle controversie in aula, dapprima
quelle più semplici, per arrivare rapidamente alle più complesse.
Per l’intelligenza artificiale siamo ormai prossimi al superamento del test di Turing e cioè
alla capacità di una macchina di pensare in autonomia. Il Parlamento europeo si interroga
già sulla qualificazione giuridica dei robot e sul loro inquadramento.
Siamo molto prossimi alla gestione di società commerciali per il tramite di un algoritmo.
Una società di Hong Kong, già oggi, utilizza Vital che siede nel C.d.A. di un fondo ed è un
algoritmo che ha diritto di voto nelle decisioni relative ad un investimento, anche se non
ha ancora lo statuto di amministratore. Ma non ci manca molto.
Dunque, tra poco, vedremo l’intelligenza artificiale intervenire nel processo decisionale e
societario e qui potrà ricoprire tutta l’attività di compliance, anche in questo caso togliendo
lavoro agli avvocati. Non è difficile infatti prevedere che l’algoritmo possa procedere
all’assistenza al Consiglio di Amministrazione, fungendo anche da segretario, redigendo i
verbali e risolvendo tutti i problemi interpretativi sul rischio legale delle deliberazioni da
assumere.

In questo quadro, le grandi organizzazioni che raccolgono più di 300 avvocati in Italia
saranno nel 2024 solo quelle di oggi, con l’aggiunta forse di un paio di quelle in crescita.
Le altre strutture legali di dimensioni medio/grandi saranno probabilmente costrette a
ridursi. E questo per l’effetto di una generalizzazione di prezzi standardizzati e di tariffe
fisse per i servizi legali, con una grande attenzione dei clienti sull’effettivo sollecito
svolgimento di attività gestite con tariffe orarie.
La personalizzazione della consulenza e dell’assistenza processuale varrà soltanto per le
grandi questioni, per chi potrà o vorrà permetterselo.
Gli studi unipersonali faranno fatica a sopravvivere.
La specializzazione estrema potrà consentire la sopravvivenza degli studi di piccole
dimensioni, solo se svilupperanno un’organizzazione virtuale, ma integrata, con altri studi,
per comunicare esperienze e ricerche e contribuire a formare squadre iper-preparate per
competere sul mercato, anche con le grandi organizzazioni legali.
Questi studi si dovranno impegnare nella ricerca e se raggiungeranno un alto livello di
competenza specialistica, potranno competere con chiunque. Ma dovranno saper
comunicare con il mercato per spiegare il senso della loro esistenza. I gruppi virtuali tra
studi funzioneranno se condivideranno il costo di manager che curino l’organizzazione
delle spese di ricerca e sviluppo, quelle di marketing, quelle di condivisione organizzata
del lavoro, quando sono richieste competenze multiple.
La ricerca e lo sviluppo di questi gruppi virtuali potranno offrire la produzione di linee
guida su questioni complesse da mettere in rete, potranno sviluppare una più elevata
capacità di comunicare la loro utilità per i clienti e per gli utenti della rete. Questi gruppi
potranno elaborare programmi che prevengano i problemi giuridici ed individuino il rischio
legale legato all’attività industriale, a quella commerciale, ma anche alle questioni della
vita quotidiana.
Per capire in concreto il senso di quello che dico, ricordo che il secondo comma del 2086
c.c. richiede un’organizzazione che poche aziende hanno.
Il legislatore sembra ora essersi accorto di questa problematica ed ha rinviato subito
l’applicazione della normativa per le imprese minuscole. Per le altre la scadenza si avvicina. Chi offrirà a queste aziende un prodotto standardizzato a prezzi bassi e fissi,
otterrà un grande vantaggio competitivo, a patto che intervenga subito e si faccia
conoscere per questa competenza.
Tra cinque anni ci penserà un algoritmo.
Dunque, a mio avviso, la domanda di assistenza legale si sta drasticamente riducendo,
così come si sta riducendo la remunerazione di questa attività.
Probabilmente nel 2050 l’avvocato, come lo conosciamo oggi, non esisterà più, come non
esisteranno più i ghiacciai, la foca monaca e l’armadillo.
In questo probabile contesto uno studio di dimensioni medio-piccole avrà la possibilità di
sopravvivere e di svilupparsi se, a partire da subito, scriverà su di un foglio bianco una
nuova e diversa organizzazione, che esalti la capacità di ciascun componente di seguire
un settore specifico; che metta in rete un materiale continuamente aggiornato sul rischio
legale, sulle linee guida per problematiche generali, su ipotesi contrattuali di particolare
interesse (patti parasociali, garanzie per chi acquista società o aziende, metodi di
organizzazione dell’impresa e così via dicendo).
Oggi, sul piano della comunicazione non tradizionale, i siti degli studi legali sono spesso a
livello basico: non hanno contenuti che spieghino il motivo per cui uno studio ha motivo di
esistere sul mercato, non vengono aggiornati con regolarità, contengono notizie superate
e, in parte, fuorvianti.

Se questa mancanza di sensibilità finirà per prevalere, pochi saranno i superstiti.
E non credo che la previsione sia così apocalittica e irreale.
Magari mi sbagliassi!